martedì 29 luglio 2008

Probabilmente ho sbagliato negozio


Era da tre mesi che aspettavo questo momento: fare del sano, sanissimo shopping a Ginevra!
Ah Ginevra…la capitale della ricchezza.
Oramai sono convinta: tutte le persone più ricche del mondo abitano a Ginevra. Io non ho mai visto tanto lusso e tanto sfarzo. Non ho mai visto tanti Paperon de Paperoni così concentrati in pochi metri quadrati. E non ho mai visto tanti stronzi in vita mia!!!

Vado nella bellissima Ginevra felice come una pasqua per fare shopping e mi trovo a mangiare involtini primavera (freddi) lungo il lago!!!
In realtà è andato tutto bene finché sono rimasta nella zona popolare. Ma è bastato il “saggio” consiglio di una commessa di un negozio di sport, per ritrovarmi nella via dello shopping ginevrino, in mezzo a boutique di alta moda.
Solo a guardarle la mia carta di credito piangeva sangue!
Ma non mi sono arresa! A me serviva un vestito e mi serviva urgentemente.
Tra il ritirarmi con la coda tra le gambe e il raggiungere il mio scopo, ho scelto la seconda.

Così ho continuato a camminare, tra gente che indossava miliardi, con le mie vecchie ciabattine arancioni e il mio jeans più economico.
Che sfiga, pensavo, proprio oggi dovevo vestirmi da terzomondista?
Comunque non mi sono buttata giù e con la testa alta ho continuato la ricerca. Fino a quando non sono entrata per sbaglio in una super boutique….
Un incubo!!
Si accedeva ai piani (6 per l'esattezza) soltanto con l’ascensore. Della serie: non hai vie di fuga, piccola lurida poveraccia venuta dalla campagna!
Sono arrivata al mio piano (in realtà credevo che fosse il mio) e mi sono ritrovata in mezzo a delle fotomodelle (si perché non erano semplici commesse, ma vere fotomodelle: alte come fotomodelle, belle come fotomodelle e vestite come fotomodelle!!!) e in mezzo ad abiti di Valentino, Dolce e Gabbana, Galliano, Bluemarine, Giorgio Armani, Yves Saint Laurent ecc. ecc. ecc.
Ero talmente sconvolta che non ho osato neppure avvicinarmi, per paura di rovinarli con le mie mani sporche di treno e smog….chi cazzo avrebbe pagato tutti quei soldi per un’accidentale macchiolina!
Si è così realizzato l’incubo di ogni ragazza: essere come Pretty Woman nella prima scena dello shopping… Probabilmente ha sbagliato negozio. La prego vada!
Ecco, io sono andata. Così come ero uscita dall’ascensore, ci sono pure rientrata…e forse era meglio che i sei piani me li facevo dalla finestra.
Sì, perché il colmo dei colmi è stato quando in ascensore è entrato un gruppetto di stronzissimi figli di p..apà, tutti bellini bellini, con le scarpe all’ultima moda, i capelli all’ultima moda e la faccia da culo che più culo non si può!!!
Uno di loro mi ha praticamente incastrato nell’angolo!!! Sì perché il simpaticone non mi ha proprio vista!!! Io ero praticamente trasparente e lui, con tanta non-chalance, s’è allargato come nel salotto di casa sua (che deve essere pure un gran bel salotto!) e, confondendomi con le pareti dell’ascensore, si è praticamente appoggiato a me, tutto rilassato.
Io mi sono fatta quattro piani cercando di schivare il suo gomito!!!
Umiliata come non sono stata mai!!

Perché non ho detto niente secondo voi?
Perché ero talmente incazzata che i pensieri mi si accavallavano e lingua mi si intrecciava; in quelle condizioni non credo che sarei stata in grado di spiccicare una sola parola in francese!!! Ci mancava pure che facevo la figura dell’analfabeta e stavo a posto!!!!
Sono uscita da quell’inferno stremata, senza forze: uno straccio!!

Morale della favola…dopo pochi metri sono entrata in un’altra boutique e, per il mio inconfondibile orgoglio da "mula", mi sono comportata da Pretty Woman, ma quella della seconda scena dello shopping, quando lei si prova tutti i vestiti, tutte le scarpe, tutti i cappelli……e finalmente HO TROVATO IL MIO VESTITO!!
Un vestito di seta meraviglioso che, giuro, farà cadere la lingua a terra a tutti!!!
Al governo francese pure…visto che l’ho pagato con i soldi loro!!!!

domenica 27 luglio 2008

"She don't like Gauguin"


Ieri sera festa grande a “Les Allobroges” … beh forse no!
Sono andata a cena fuori con i miei amici mangiaformaggio al solito ristorantino lungo il fiume, dove c’è la musica dal vivo ogni 15 giorni.
Questo “ogni 15 giorni” non l’ho mai capito veramente, visto che di solito, nel mondo dei normali i locali organizzano una serata a settimana, soprattutto durante il periodo estivo. Comunque …
Doveva esserci “l’amico Pedro”, il cantante argentino un po’ matto, con il suo pianista-accompagnatore tutto allucinato, che suona con gli occhi sgranati ed il sorriso a metà strada tra l’imbecille e l’estasiato.
Ma Pedro porompompò ha dato buca all’ultimo momento e al suo posto i proprietari del locale hanno chiamato un duo di chitarre. Due giovanotti un po’ invecchiati, ma bravi e con un bel repertorio rock & blues .
Noi eravamo una bella tavola di nove persone (l’unica spaiata ero io!): gente un po’ matta e très sympa. Mi hanno insegnato tante paroline nuove e non tutte da “ragazza per bene” … ma si sa, quando si è all’estero le cose che si imparano prima sono sempre le parolacce e le parole a “sfondo sessuale”.

La serata non andava male, anche se non c’era molta gente. Accanto al nostro tavolo c’era un gruppetto di quattro signorine che sorseggiavano dell’ottimo bayles mentre gustavano un ricco piatto a base di pesce.
Disgusto allo stato puro!!
I poveri musicisti, dal canto loro, erano disperati: non riuscivano ad animare la serata. In realtà, pur essendo attempati e quindi, credo, con tante esperienze live alle spalle, sembravano impacciati, e il cantante, addirittura, sembrava quasi vergognarsi di cantare al microfono! Tanto che, ad un certo punto, ha iniziato a chiedere se qualcuno tra di noi avesse voluto cantare qualcosa.
Dal tavolo in fondo alla sala si alza il Pizzaiolo e urla (in francese chiaramente): “Lì c’è la chanteuse! Dai Chiara, cantaci qualcosa!”
Sì, perché c’è un piccolo dettaglio da rimarcare: la prima sera che sono uscita da sola a Seyssel, sono andata proprio in quel locale a mangiare. Era la serata karaoke. E dopo che mi ero scolata una bottiglia di rosé (chiaramente offerto dal Boulanger) ho cantato quasi tutta la serata. Ora, visto che qui quando cantano non acchiappano una nota giusta nemmeno se li preghi in aramaico, quando mi hanno sentito cantare è scoppiata l’apoteosi, nemmeno fossi Beyoncé!! Così da quel giorno l’italienne è diventata la chanteuse.
(Da dire, poi, incubo degli incubi, che mi hanno anche dedicato la canzone di Cutugno lasciatemicantarecollachitarrainmano, mentre io per la vergogna più rossa, avrei voluto che la terra si aprisse e mi risucchiasse!!!!!!!!!!!!!!!!)

Comunque, ritornando a noi.
Dopo la proposta di cantare, ho gentilmente declinato l’invito, cercando di nascondere il rossore che si stava impadronendo delle mie guance. Così hanno proseguito da soli, i poveri rocker timidi, cercando di cantare canzoni più popolari.
E ad un certo punto è partita Cocaine di Clapton. Al mio tavolo il delirio… La cosa più assurda, però, era che non azzeccavano una e dico una parola della canzone! Persino “cocaine” è diventata misteriosamente una cosa tipo “oché”! Io ero sconvolta!

Così mi sono ricordata di quando andavo al liceo e la mia professoressa di storia dell’arte, che tra l’altro era pure giovane (e per questo imperdonabile) mentre ci stava parlando di Gauguin, disse: “E poi conoscete la canzone di Eric Clapton? Quella che fa she don’t LIKE GAUGUIN? Beh quel Gauguin è proprio il nostro”. (!?!?!)
ASSURDO! … cioè, secondo lei la canzone parlava di qualcuna a cui non piaceva la pittura di Gauguin!!!!!!!!!!!
Ora… posso anche chiudere un occhio sul fatto di capire “like” al posto di lie, (sicuramente non sapeva un’acca di inglese)……….. ma scambiare COCAINE con GAUGUIN è CATASTROFICO!!!!!!!!!
Ma come si fa?

Dopo essermi risvegliata da questi tragicomici ricordi, siamo andati via per traslocare al Richmond, lasciando nel panico il povero duo.
Lì, dopo fiumi di liquore, la serata è finita con gavettoni d’acqua e ghiaccio nelle mutande-pantaloni-reggiseni-maglie, tanto per tenere sveglio tutto il borgo!

Unico difetto della serata: se tutti loro erano ebbri, io ero sobrissima; avevo bevuto poco, anzi pochissimo!
Mi sto preoccupando… non è che mi sono disintossicata?
Vedremo ad agosto, quando torno a Valle Agricola…

… a pensarci bene credo proprio che non durerà!

(Sorry mama!)

giovedì 17 luglio 2008

Progetto lago



Mi sono svegliata stamattina con l’intenzione di andare a prendere un po’ di sole sul prato che costeggia il piccolo lago di Seyssel.
In realtà non è proprio un lago, ma uno stagno poco profondo e soprattutto poco pulito, dove i mangiaformaggio sono soliti intrattenersi nella stagione calda…che per loro va da aprile a ottobre, nonostante le temperature da alpi marittime!
Comunque non importa, il bagno nella “pozza che puzza” non lo avrei mai fatto, però potevo mettermi un po’ appollaiata al sole del tardo pomeriggio, quello bello che non scotta, ti abbronza e non comporta nessun rischio tipo: “oddio chiamate il 118 (che qua per giunta non so neanche che numero è!) che la ragazza sta male …ha preso un’insolazione!”
Quindi penso: Sì, è perfetto, oggi non dico niente a nessuno e me ne vado sola soletta alla base (sì perché il lago, qui, lo stagno, lo chiamano “base nautica”…incomprensibili mangiaformaggio!)

Con queste idee in testa, la giornata in ufficio è passata velocemente e allegramente; fino a che quella piattola di Cinciullì non mi dice: “perché oggi non andiamo alla base?!” ODDIO NO!!!!!! Penso. Ma questa rompicoglioni perché non mi molla? Non è possibile che sta sempre davanti ai piedi! E vattene!
La guardo con gli occhi sconvolti e taccio, con la speranza che capisca e ritiri la proposta.
Ad ogni modo la giornata passa.
Alle 17:07 scatto; mi alzo dalla scrivania lesta, per anticipare tutti, e soprattutto lei; raccatto le mie cose e saluto. Lei mi ferma e mi dice: “se mi dai 10 minuti finisco e andiamo alla base” ed io, con gli occhi infuocati (CI-HAI-ROTTO-I-COGLIONI) le dico: al massimo ti posso aspettare alla base! E fuggo via.
Felice, felicissima di potermi ritagliare almeno 30 minuti certi, prima che mi raggiunga.
Per la strada incontro due donne arabe con il chador. Oddio è la prima volta che vedo una donna con il chador. L’hijab l’ho visto indossato tante volte, ma il chador… e che cavolo, penso, io vado a spaparanzarmi seminuda al sole e queste povere devono girare con lo scafandro e per di più nero! Ma come si fa!
Massimo rispetto per tutte le tradizioni, ma qualcuno mi deve spiegare seriamente perché la donna deve coprirsi tutta e lasciare all’aria solo il volto, o addirittura neanche quello! Ma che senso ha? Ma perché? Non riesco a vedere un logica, oltre ad un puro maschilismo sociale nascosto dal comodo alibi della cultura e della tradizione.

Comunque continuo a camminare fino a casa.
In fretta e furia mi metto il costume, mi spalmo la cremina protettiva e corro verso la base.
Penso: finalmente un po’ di relax, un po’ di silenzio.
Arrivo, mi guardo intorno e cerco un bel posticino. Ne scelgo uno un po’ in pendenza, così da poter prendere meglio i raggi del sole calante.
Ah bene. Sistemo l’asciugamano, mi spoglio e finalmente mi stendo.
Non passano neanche 30 secondi che sento camminarmi addosso. Vabbeh, sarà qualche mosca. Ma niente, continuavo a sentirmi “percorrere”. Mi alzo e mi vedo una serie di formiche che facevano la loro passeggiata sulle mie gambe. Eccheppalle!
Cerco di ripulirmi e mi ristendo.
E lì cominciano a venirmi tutte le paranoie di questo mondo: ma se ci sono le formiche ci saranno anche i ragni! Io non li sopporto i ragni! Chissà quanti cani “pascolano” in questo prato. Oddio è meglio che non tocco l’erba sennò mi becco pure le zecche… insomma non riuscivo a rilassarmi in nessun modo!
Basta, fregatene!... e dormi!
Così proprio quando mi ero convinta e stavo appoggiando dolcemente la testa sulle mie braccia messe a forma di cuscino sento: “ehi”. Oh no. Mi giro e vedo arrivare Cinciullì e Fish&Chips. Addio mio tanto desiderato pomeriggio di relax.
Li saluto e loro si sistemano vicino a me.
E mentre io cerco a tutti i costi di dormire, loro iniziano una chiassosissima (ma soprattutto intelligentissima) gara di arrampicata sull’albero ("dai facciamo a chi si arrampica prima e poi a chi arriva più in alto?")
Due scimmie! Due deficienti!
Un imbarazzo…!
Il mio tranquillo pomeriggio al lago trasformato in un incubo.
Loro hanno continuato i loro giochi da primati, ed io me ne sono tornata a casa.
Esasperata!

lunedì 14 luglio 2008

Non mi passa

Cos'è questo malessere?
Cos'è questa rabbia?
Cosa c'è dentro di me che me Lo rende insopportabile?
Sono arrabbiata. Sono arrabbiata per tante piccolezze, per tante stupidaggini.
Ci sono momenti in cui non Lo sopporto. Momenti in cui non riesco proprio a tollerarLo. Momenti come questo.
Ma se mi fermo a riflettere non riesco bene ad individuare la ragione vera di questo malumore.
Sarà forse la solitudine; sarà forse l'invidia nei suoi confronti.
Probabile.
Devo cercare il mio equilibrio interiore. Devo cercare la serenità in questa mia vita.
Non dovrebbe essere poi così difficile!
In fondo, come dice mia madre, io sono fortunata perché riesco a bastare a me stessa.
Ma in questi momenti non è affatto così.
Non mi basto e mi fa rabbia.
Sono arrabbiata con me stessa e con gli altri che non ci sono.
Sono arrabbiata con chi non c'è e si fa desiderare. Con chi ha da fare nel proprio mondo e viene a mancare nel mio. E questo mi fa rabbia.
E mi fa rabbia il fatto di continuare ad attendere. Così mi infurio e divento incontrollabile.

Doveri uscire un pò.
Dovrei stare un pò al sole caldo; all'aria aperta.
L'idea è buona ma la voglia manca.
Sono diventata un vegetale. Un vegetale avariato. Un vegetale acido e marcio.
Rifletto e penso che non mi piace. Poi rifletto di nuovo e penso che questa rabbia è diventata il mio vestito. Il mio vestito più comodo.
E' come il mio jeans grigio: appena comprato mi stava stretto, poi a furia di metterlo si è allargato ed ora è una settimana che indosso solo quello.
Faccio schifo!

E continuo ad essere arrabbiata.
E non mi passa!

Le jardin

Des milliers et des milliers d'années
Ne sauraient suffire
Pour dire
La petite seconde d'éternité
Où tu m'as embrassé
Où je t'ai embrassèe
Un matin dans la lumière de l'hiver
Au parc Montsouris à Paris
A Paris
Sur la terre
La terre qui est un astre.

(J. Prévert)

domenica 13 luglio 2008

Il temporale


Sono uscita dalla porta di vetro e l’aria calda e umida mi ha investito.


Già quando ero in ufficio la luce era diminuita. Come nei pomeriggi di novembre, l’atmosfera si stava facendo pesante e grigia.
Poi fuori. La mia pelle è diventata appiccicosa, come l’asfalto appena bagnato che sentivo come colla sotto i sandali.


Ho svoltato nella piazzetta per andare a comprare le sigarette.
Avevo un’unghia scheggiata e mi sono portata il dito ai denti per cercare un rimedio a quella fastidiosa sensazione di imperfezione. Il dito ha toccato le mie labbra e un brivido caldo mi ha percorso. È partito dal labbro inferiore, è passato alla mano, alle braccia e infine allo stomaco.
All’improvviso mi sono sentita stranamente bene.
Ho temuto che le persone sedute ai tavolini davanti al Richmond, lo squallido bar affianco alla tabaccheria, si fossero accorte di quel brivido. Ho così prontamente tolto il dito dalla mia bocca, ho abbassato lo sguardo e ho preso a camminare lesta.


Come ogni giorno il tabaccaio non ha capito la marca di sigarette che volevo.
Personaggi strani il tabaccaio e sua moglie. Sono oramai due mesi e mezzo che mi rifornisco da loro e ancora non capiscono quali sigarette chiedo. Sarà perché come la maggior parte degli abitanti di questo paesino mettono poco amore in ciò che fanno e poca cura nei confronti dello straniero. Il tutto condito con una massiccia dose di insensata gentilezza di vocabolario.


Sono uscita mentre il cielo si faceva più scuro e pesante. Le nuvole erano sempre più nere e cariche di elettricità. Anche il fiume partecipava; si era gonfiato e iniziava a tumultuare.
È stato al primo fulmine che la mia pelle ha iniziato a bruciare. Tutti i pori si sono aperti e la mia energia si unita a quella del cielo.


Mi sono sentita improvvisamente potente. Era come se quel temporale che si stava preparando fosse la trasposizione atmosferica di me. Avrei voluto urlare per farne aumentare l’intensità. E dentro di me l’ho fatto: ho aperto le braccia, ho abbassato la testa all’indietro, ho chiuso gli occhi e ho inspirato per prendere la carica. Poi ho spalancato lo sguardo verso l’alto e ho urlato.
Le nuvole hanno urlato con me. Un susseguirsi di fulmini e tuoni tutti intorno. Ne ero avvolta. E la mia energia aumentava.


Ho continuato a camminare. Mi sono sentita potente. Il mondo era mio.
E ad un tratto un fulmine mi ha avvolto, repentino e abbagliante. È durato un secondo infinito. Ero nella luce bianca e non avevo paura. Ero sempre più forte e carica.
Ed è iniziato a piovere.


Il temporale è partito da me.

Il blog

Creare un blog.
Scrivere e parlare di te all'universo.
Nessuno ti conosce e tu non conosci nessuno.
Cosa può esserci di più stuzzicante?
Le confidenze tra amici sono troppo sopravvalutate al giorno d'oggi: sono solo interazioni falsate da comportamenti stereotipati che raramente lasciano trapelare le verità.
Mi dici "ciao, come stai? ti trovo bene" e in realtà vorresti dirmi "oh mio dio è già tornata, ma quando se ne va che proprio non sopporto quel suo mettersi al centro dell'attenzione".
Tu non me lo dici, ma io lo capisco lo stesso.

Un blog.
Per dire tutto a tutti.
Per recuperare la verità nell'anonimato.
Bella invenzione davvero.

Benvenuti nel mio piccolo mondo
e soprattutto.......
dite sempre la verità!

LUCYKAIA