venerdì 28 novembre 2008

Il gigante e la bambina


Elio e Viola.
L'amore in un respiro.

giovedì 20 novembre 2008

To be or not to be...Facebook o non Facebook

Facebook o non Facebook?

Anche Fish&Chips mi aveva avvisato a suo tempo, ma io non gli avevo creduto!

Non ho mai voluto aprire un account Facebook; qualche anno fa era troppo di moda, ed io, si sa, le mode proprio non riesco a tollerarle.
Ma ora, credo davvero di essere rimasta l’unica persona sulla faccia della terra a non avere Facebook.
Non si tratta piú di essere “in” o “out”: qui iniziamo a parlare di sopravvivenza!
Da quando ho iniziato a conoscere un pó di gente a Ginevra, la prima cosa che mi sono sempre sentita chiedere è con quale nome mi si potesse trovare in Facebook.
Me lo hanno chiesto proprio tutti.
Mi hanno persino avvisato che senza Facebook è piú difficile essere al corrente di tutti gli eventi, le feste, gli incontri e le semplici uscite “in scioltezza” che si organizzano qui.
Pensare che io, credendo di fare la moderna, mi sono iscritta pure ad un forum/chat dove si incontrano tutti gli “espatriati” presenti a Ginevra.
Ero sicura che fosse piú che sufficiente ... invece no: senza Facebook sono fuori comunque.

Merda, non avrei mai creduto di poter sentirmi obsoleta un giorno.
Eppure mio fratello Luca me lo disse che avevo, credo, 17 anni.
Mi disse: “Madonna Chià! E come sei ANTICA”.
Antica a me?...Antica a me?
Rimasi sconvolta e anche molto offesa. Offesa nell’orgoglio di ragazza piena di energia che sentiva di avere il mondo in mano e poterlo dominare a suo piacimento!

Ma oggi...oggi è tutto diverso.
Il mondo è sempre piú nelle mie mani, nel senso che sono diventata sicura di me e della mia vita; nel senso che sto bene con il mio corpo e con la mia mente; nel senso che oramai mi sento una donna.
Peró...non c’ho Facebook e quindi antica lo sono davvero ora!

Questa nuova verità mi ha stravolto, e venuta persino la voglia di farmelo sto benedetto account, tanto in fondo ce l’ha pure Veltroni!!!
Perchè mai dovrei perdere di personalità?
O no?

Mah, non lo so. Forse rimango fedele alla linea e, quindi senza amici, senza feste, senza incontri e senza uscite “in scioltezza”.
Oppure gli amici me li faccio ugulamente, senza Facebook.
E poi, pensandoci bene senza Facebook evito pure di incontrare tutte quelle vecchie conoscenze che sarebbe meglio lasciare dove sono: nel passato remoto!

To be or not to be.
To Facebook or not to Facebook.
That is the question.

martedì 18 novembre 2008

... Ma la notte


(De Lempicka, "Donna che dorme")



È da qualche giorno oramai che dormo male.
Continuo a fare sogni strani; talvolta sono dei veri e propri incubi.
Sogno persone che muoiono e sogno di essere arrabbiata (ma proprio tanto) con le persone che amo di piú in assoluto.
La cosa strana è non sogno mai il motivo di questa mia rabbia e rancore.
Semplicemente sogno di non voler parlare con loro, di voler stare alla larga da tutti.
La mattina, quando mi sveglio, ricordo perfettamente i sentimenti di repulsione che provo durante il sonno e mi stupisco di come queste sensazioni siano cosí forti, tanto da rasentare l’odio.
Mi sto preoccupando, perché ció che provo nella vita reale e diagonalmente opposto da ció che sogno di provare.
La notte sono inviperita; inviperita davvero.
E ogni notte il soggetto cambia.


Non è che sto diventando matta?
E perché allora?


C’è qualche psichiatra alla lettura?
Help
Help

giovedì 13 novembre 2008

Le Palais des Nations

Ogni giorno mi riprometto di dedicare quelche minuto al blog, ma poi, per un motivo o per un altro, mi ritrovo a rimadare.
In realtà sto lavorando molto e la sera finisco sempre cosí tardi che la voglia di rimanere in ufficio per scrivere un bel post non mi viene proprio.
Oggi peró sono le cinque e mezza e stranamente ho finito le cose importanti da fare.
Posso scrivere. Solo un pó, ma posso.

Avrei tante di quelle cose da raccontare che dovrei rimanere seduta qui per almeno due ore, se mi mettessi a raccontare tutte le cose che ho vissuto in questi giorni.

La cosa piú importante che mi sia successa nell’ultima settimana, peró, oltre al fatto di essermi trasferita nel nuovo appartamento, è che l’altro giorno sono andata finalmente al Palazzo delle Nazioni Unite.
Quello che si vede sempre in televisione con il viale pieno di bandiere; quello dove fanno le riunioni tutti i personaggioni che governano il mondo; insomma quello.
Quando l’ho raccontato, tutti mi hanno detto: “Ah, il Palazzo di Vetro!”.
Beh, no, quello sta a New York, che non è proprio dietro l’angolo.
Quello di Ginevra si chiama Palais des Nations (fantasiosi!) ed io ci sono andata per fare delle ricerche nella loro super-mega-biblioteca.
Ma andiamo per ordine.

Io, il Palais des Nation, l’avevo visto solo in TV, avevo studiato all’università la miriade di vertici storici che si erano tenuti nelle sue stanze. E l’ho sempre sognato.
Da quando lavoro qui , poi, l’ho visto tutte le mattine dai finestrini del mio autobus, che transita proprio lí davanti.
Solo che, peró, non è che lo vedessi proprio benissimo, visti gli alberi e quelle cazzo di bandiere davanti.

Comunque.
Era finalmente arrivato il giorno della conquista: sarei entrata nel Palais des Nations con il mio fighissimo badge e tutti mi avrebbero sorriso e trattato come una di loro.

Scesa dal’autobus, mi sentivo proprio emozionata: il cuore mi pulsava forte e sentivo tutti i nervi tesi.
Mentre mi avvicinavo fissavo con soddisfazione il cancello che mi avrebbe fatto accedere al paradiso.
Una volta lí, dovevo superare solo il controllo della sicurezza. Ho sfoderato il mio fighissimo badge, ho sorriso e sono entrata.
Che emozione, mi sentivo una bambina in gita!

Piano piano mi sono incamminata nel viale e devo dire che quelle cazzo di bandiere mi hanno proprio suggestionato: era il mio percorso di iniziazione.
Piú camminavo, piú il Palazzo si mostarva ai miei occhi, immenso e sovrastante.
Fino a che non sono entrata nel grande cortile.

Nella pace e nel silenzio piú assoluto, mi sono guardata bene attorno e ... in realtà 'sto Palazzo non è che mi piacesse poi molto.
La cosa che mi è balzata subito agli occhi è stata lo stile austeramente neoclassico della costruzione che, piú che il Palazzo delle Nazioni Unite, mi sembrava un monumento fa(s)cista!
Cosí, è iniziata a montare in me un pó di delusione. Quello stile architettonico non mi faceva (non mi fa) per niente impazzire.

Ma il mio scopo era un altro: espugnare la biblioteca, su cui tutti mi avevano raccontato meraviglie.
Dopo varie peripezie, tra cui anche una mezza litigata con una guardia (della serie: riesco a litigare con tutti, persino al Palais des Nations!!), riesco finalmete a trovare la biblioteca.
Devo dire: uno spettacolo, specialmente le tantissime sale di lettura che si affacciano sul meraviglioso parco che circonda il Palazzo; parco che, a sua volta, si appoggia sul bellissimo lago Léman.
Era una giornata soleggiata e lo sceniario che si spalancava al di là delle immense finestre della biblioteca era incantato.
Mi sono goduta questa bella sensazione di pienezza e appagatezza e ho continuato a cercare i documenti di cui avevo bisogno.

Diciamo che in realtà questa appagatezza era comunque disturbata dal quintale e mezzo di roba che avevo in braccio: cappotto, sciarpa, cappello, borsa, tre bloc-notes, un borsello con le penne, una trentina di fogli sparsi su cui avevo appuntato i libri e le riviste che cercavo, libri e riviste che avevo preso, fotocopie di libri e riviste che avevo consultato...
Sembravo un “ciuccio da fatica”. Ovunque e comunque mi muovessi facevo rumore, mi cadeva qualcosa o inciampavo da qualche parte.
Niente peró a confronto della tragedia che mi si stava preparando.

Mentre ero pesantemente intenta a consultare dei libri da uno scaffale, arriva, inaspettato, un incredibile, un diabolico, un paralizzante e, aggiungerei, terrorizzante mal di pancia.
Non riuscivo piú a muovermi, non riuscivo piú a pensare, ero totalmente bloccata dal dolore.

Era un attacco di DIARREA ACUTA!!!!!!!!!!!!!
(E pensare che io sono pure stitica!!)

Comunque, ho iniziato a temere per la mia dignità e per la mia vita.
Sudavo a freddo e sentivo che se non mi fossi mossa subito avrei potuto licenziarmi, ma non dal lavoro ... ma dalla mia esistenza!
Con tutta quella cavolo di roba in mano tentavo di muovermi il piú velocemente possibile per cercare un santissimo bagno. Ma piú volevo andare svelta piú sembravo un elefante con gli spasmi!
Una tragedia.
Alla fine non so come (non ero piú molto lucida) sono riuscita a trovare il bagno e ... il resto è storia.

Vorrei solo aggiugere che sono rimasta chiusa lí per un’oretta, troppa era la vergogna che provavo. E per inciso il bagno era al piano terra con le finestre spalancate sul parco, e ho detto tutto.

Che dire di piú. La prima cosa che ho pensato appena uscita?
IL PALAZZO DELLE NAZIONI UNITE FA CAGARE!!!

mercoledì 5 novembre 2008

Yes, we can!


Congratulazioni e buon lavoro PRESIDENTE OBAMA!

lunedì 3 novembre 2008

L'appartamento ginevrino

Finalmente ho trovato casa!!!!!

In verità non è una casa, ma è una stanza in una casa.
Beh, la casa è in realtà un appartamento.
Ero alla ricerca disperata di un luogo da condividere con il mio ragazzo che presto mi raggiungerà, e invece ho trovato una stanza in un appartamento da condividere con una signora.

Potrebbe sembrare triste; e potrebbe sembrare anche strano il fatto che io abbia accettato. Ma ad essere sincera è la cosa migliore che potesse capitarmi.
Il quartiere è a dir poco bellissimo: è nella parte alta di Ginevra e ci si arriva seguendo una lunga strada assai pittoresca.
Fino ad arrivare lí, dove i palazzi sono antichi e le vie hanno tutte il nome di libri e opere di Rousseau.
Il giorno in cui sono andata a visitarlo, ero alquanto scettica. Ma la vista che mi si prospettava dai finestrini dell’autobus cominciava a farmi salire una strana adrenalina.

Arrivata nella via giusta mi sono avviata verso il numero civico in questione e, per non smentirmi ... ho sbagliato palazzo!
Ho provato ad entrare dal portone d’ingresso utilizzando in codice che la signora mi aveva dato, ma il codice non funzionava.
Avrei dovuto capire che forse era il portone sbagliato ... ma ho pensato: “Avró sbagliato a scrivere il codice quando le signora me lo dettava”.
... A telefono, in francese ... il dubbio l’avrebbero avuto tutti, no?!
Beh, forse no, ma non importa.

Il fato ha voluto che uscissero due ragazzi mentre io cercavo di fare la disinvolta con un codice sbagliato, tanto per non passare per ladra (chi non conoscesse la polizia svizzera si andasse ad informare!!!). Loro mi hanno gentilmente tenuto aperta la porta, ed io sono finalmente riuscita ad aprire il Sesamo.
Sempre con il mio bigliettino in mano, contenente tutte le preziosissime coordinate, sono salita al sesto (ed ultimo) piano.
Ora peró sul magico biglietto c’era scritto “sesto a destra” e, uscita dall’ascensore, a destra mi sono ritrovata davanti due porte.
Per evitare ulteriori figure compromettenti, ho preso coraggio e ho deciso di chiamare nuovamente la padrona di casa.
“Buongiorno signora Nohad, sono Chiara, sono arrivata al sesto piano ma, sa, non so qual’è la porta giusta”. E lei mi fa: “Quella a destra Chiara, ma non preoccuparti, ora vengo ad aprirti”.
Il problema è che nessuno ha aperto, nessun rumore di chiave si é sentito, né rumore di passi.
Dopo un minuto o giú di lí, sento il telefono squillare.
“Chiara dove sei? Io ho aperto la porta, ma non ti vedo! Sei forse scappata via?”
Ed io, che già avevo iniziato a realizzare qualcosa, dico: “Ma come, io sono qui al sesto piano, ferma davanti all’ascensore ... Ehm sí, forse, signora ho sbagliato ... Oddio, mi scusi, mi sa che ho sbagliato palazzo”
Lei con estrema dolcezza mi dice: “Dai vieni, scendo e ti aspetto davanti al portone”.
Non dico il grado di vergogna che ho provato. Sicuramente lei avrà pensato: “Bene, la scema di turno è venuta a farci visita”.
Caliamo un velo pietoso.

Comunque alla fine ce l’ho fatta: sono arrivata a destinazione e finalmente sono riuscita a vedere l’appartamento.
Lei una bella signora cinquantenne, elegante e dolcissima, mi ha fatto entrare e mi ha accolto con Leonard Cohen come musica di sottofondo ... e ho detto tutto.
Poi mi ha fatto accomodare sul suo bel divano e mi ha offerto un caffé.
Cosí ha iniziato a parlarmi della sua vita a Parigi (no dico capito? Ho detto Parigi!) e del suo lavoro nel campo della gioielleria.

Ora chi mi conoscebene lo sa: appena dalla sua bocca è fuoriuscita la parola Parigi, mi sono arrivate le palpitazioni.
E abbiamo iniziato a parlare, parlare, parlare e ancora parlare.
Adoro quella donna, adoro la sua cultura, adoro la sua intelligenza e adoro il suo stile di vita.
Non vedo l’ora di trasferirmi da lei e di iniziare questa bella amicizia.
Finalmente avró qualcuno con cui condividere la mia vita qui a Ginevra; qualcuno che sia in grado di ascoltare. E capire.

Cosí, con il cuore gonfio di gioia mi sono regalata un pomeriggio in centro, nelle vie dello shopping.
I piú già sanno della mia prima avventura nelle vie dello shopping ginevrino (leggi qui). Ma questa volta è andata meglio: mi sono comprata un pigiama! (Della serie: ho portato un cocomero ... citazione doc!)

Ma la cosa piú entusiasmante in assoluto, peró, è stata quando, con il calar della sera (e con la chiusura dei negozi) mi sono incamminata verso casa Soprano e sono passata sul lago.
Non so descrivere la sensazione di pienezza che mi ha dato vedere tutti i moli illuminati, il getto d’acqua che sembrava una cascata di luce e, infine, la città.
Per la prima volta mi sono sentita veramente a Ginevra. Ho sentito l’aria nuova nei miei polmoni. E mi sono emozionata all’idea di essermi trasferita qui.

E’ bello sapere che dopo Seyssel, la mia vita riparte da Ginevra.
E poi non si sa mai...chi puó dirlo che un giorno non faró un altro salto di qualità.
Magari à Paris.