venerdì 12 dicembre 2008

... infine, la primavera

(photo.net)


Dopo due giorni di neve incessante, che ha ricoperto tutta la città, rendendola ancora piú bella, oggi il sole è apparso, con una forza ed una luce che sembrava fosse primavera. Sarà che in ufficio fa un caldo che sembra di stare alle Bahams!

Cosí ho aperto la finestra ed insieme all’aria è entrato un MOSCONE!
Si, proprio un moscone!
Ora, lo so che in Svizzera tutto è strano, ma con il freddo che fa fuori non mi sembra tanto normale che è bastata una giornata di sole per far “rinascere” la natura.

Non mi piacciono gli insetti.
Ma quando ho visto quel coso volare nell’ufficio e sbattere contro i vetri della finestra per tentare di uscire, ho sorriso. Era divertente.

Tutto quel risplendere mi ha rallegrato. Ed anche ora che il buio è calato, mi sento di buon umore.

Sí, di sicuro è stato il sole...
O forse il fatto che oggi è il mio ultimo giorno di lavoro, prima dell ferie di Natale, prolungate fino al 15 gennaio.
Chissà?

Buona primavera a tutti!

mercoledì 10 dicembre 2008

Let it snow

(foto da: geocities)


Finalmente nevica!
Nei giorni scorsi mi era venuto un dubbio: perché a Ginevra non nevica?
Ma siamo o non siamo in Svizzera?
In Svizzera c’è la neve, sennó che Svizzera è?


Ed oggi le mie preghiere sono state esaudite!
Tutto è bianco. Tutto è ricoperto.
E la neve non smette di cadere.
Che bello.


Io adoro la neve, ma quando è neve “vera” e non quando è solo una spolverata leggera, che si trasforma subito in pozzanghere e fango.
Ah, che soddisfazione!


Dai, giochiamo a palle di neve?

venerdì 5 dicembre 2008

Il lusso imbarazzante


Ho visto cose che voi umani….
Ieri sera sono uscita con Nohad.
L’ho accompagnata in centro a fare un pó di shopping.
Non avevo mai visto un decoro natalizio tanto bello, in nessuna città in cui ho vissuto o che ho visitato.
Ginevra è meravigliosa. Ed in questo periodo lo è ancora di piú.
Ma non è questa la ragione che mi spinge a scrivere questo post.
La ragione sono i diamanti!
Dal momento che Nohad ha lavorato nel campo della gioielleria per tutta la sua vita ed ha un tenore di vita decisamente diverso dal mio, mi ha condotto nella “via dell’oro”, come la chiamo io: la via in cui si concentrano molte delle gioiellerie di Ginevra.
Non doveva acquistare gioielli, voleva solo mostrarmi i diamanti piú belli del mondo.
E lo ha fatto.
Metri di vetrina super protetta da cui apparivano collane, orecchini, bracciali e anelli tempestati di diamanti.
Io non è che sono tanto abituata a vedere diamanti, ma poi, dei diamanti cosí...
Mi sono imbarazzata.
Brillavano come tante lampadine. Ed erano grandi come tante lampadine.
Non ero a mio agio davanti a tutta quella bellezza e quel lusso. Ero agitata.
Credo di essere pure arrossita.
Non sono una fan dei gioielli; quei pochissimi che ho sono dei regali, e per giunta li metto rarissime volte.
E ieri sera quelle pietre mi hanno sconvolto.
Non voglio piú ritornare lí. Non voglio piú rivederli. Non è il mio mondo, e il fatto che io mi sia imbarazzata cosí tanto mi turba.
Cosí ci siamo allontanate, tra altre vetrine e altri gioielli.
Abbiamo camminato costeggiando tutte le boutique di alta moda. Tutto era cosí bello; tutto cosí evanescente.

Allora l’ho potrata da H&M: per ripicca o per vendetta ho comprato un cappello e una gonna. Costo totale: 30 franchi (20 euro).
E sono tornata a casa piú allegra che mai!

mercoledì 3 dicembre 2008

Addio Pas




Sono dovute passare due settimane.
Ma ancora non ho metabolizzato.
Sono lontana, sarà forse quello che non mi fa realizzare.
Sarà forse quello che intimamente mi fa credere che al mio rientro ti rivedró, ti ritroveró.
Ma non sarà cosí.



Te ne sei andato di giovedí.
Non hai avvisato nessuno.
Nessuno era preparato.
I vecchi muoino, non tu.
Non era ancora il tuo tempo, non poteva esserlo.
Invece ci hai lasciato. Senza salutarci. Senza chiedere aiuto.
Forse nessuno ti ha mai aiutato davvero, neanche noi con cui dividevi il tuo tempo e la tua musica.



“E quando Angela ha chiesto di baciare mai nessuno di noi mai nessuno le prestato le labbra”.



Questa peró non è una giustificazione. Non dovevi lasciare cosí presto questa vita, anche se è stata molto crudele con te.
La “papera dai pieri chiatti” si è sbagliata, non doveva arrivare ora, non doveva.
Ci deve essere stato un errore, uno sbaglio nel “sistema”.
Ma in fondo tu lo sapevi già. Il sistema è cosí: ineluttabile ed ingiusto.
Ed ha inghiottito la persona sbagliata.



Tu sensibile e delicato.
Tu intelligente e saggio.
Tu portiere di notte.
Tu che hai atteso tutta la breve vita che lei, “cosí bella, e quasi sempre bionda”, ritornasse da te.
Tu che amavi senza chiedere nulla in cambio.
Tu, che la vita ti ha amato poco.
Tu che hai regalato gioia e allegria a tutti coloro che hanno incrociato la tua strada.
Tu, che anche se non lo sapevi, ti abbiamo amato tutti.
Tu, buono e docile.
Tu gigante.
Tu bambino.



Tu, che il mondo intero è crollato quando il tuo respiro si è fermato.



Ora arriva il tuo compleanno e non potrai offrire da bere a nessuno.
Ora arriva il tuo compleanno e noi non potremo festeggiarlo con te.
Ora arriva Natale e non potrai dedicare una canzone a nessuno.
Ora arriva Natale e non potremo ascoltare la tua voce.



Quando arrivavi e urlavi “cantammu”.
Quando sbattevi i piedi e le mani per accompagnare la musica che avevi dentro.
Tu eri la nostra musica.



Il vuoto che hai lasciato è immenso.
Nessun suono sarà gradevole d’ora in poi.
Perchè non ci sei piú tu ad emetterlo.



“Ti ricordi quei giorni, uscimmo dopo le canzoni, per camminare piano”.



Pas, non dovevi andare via.
Avresti dovuto scegliere la vita, ancora una volta.



“E quando Angela ha chiesto di morire, mai nessuno di noi, mai nessuno le prestato un pugnale”.



Addio Pas.

lunedì 1 dicembre 2008

L'albero di Natale

Natale si avvicina.
Qui a Ginevra hanno iniziato ad addobbare la città già all’inizio di Novembre e a fine Ottobre già mandavano a casa i cataloghi natalizi.
Ma si sa, in Svizzera sono precisi e puntuali. Giocano d’anticipo per spaccare il nanosecondo.

Non nascondo peró che io abbia vissuto un certo disagio: non mi era mai capitato di vedere i primi negozi addobbati nel giorno del mio compleanno (28 ottobre).
Ma il caos natalizio si è scatenato dopo la festa di Tutti i Santi, che qui è, naturalmente, Halloweeen. Da domenica 2 novembre i negozi si sono riempiti di palle, palline, neve finta, luci e fiocchi rossi. E nelle strade sono comparsi i primi (poveri) babbi natale con i loro carrettini e le loro campanelle ad allietare i passanti.
Svizzeri: strana gente.

Ed in tutto questo prematuro spirito natalizio ho ricordato con nostalgia quello che per me davvero rappresenta il Natale. Non questa corsa pazza all’addobbo, che brucia i tempi e, con essi, la gioia dell’attesa.
In un mondo in cui si vuole tutto e subito, io rimango aggrappata al ricordo del gusto agro-dolce della pazienza; la pazienza che ci faceva bramare l’arrivo dell’8 dicembre, giorno in cui mamma tira fuori tutti gli addobbi e inizia a decorare il nostro albero di Natale.

L’albero di mamma è sempre stato l’albero piú bello del mondo, a memoria d’uomo.
Nessuna casa ha mai avuto albero piú bello.
È un albero vivo. È un albero che racconta la storia della nostra casa e della nostra famiglia.
Mio fratello dice che ha anche un nome: UGO!
Ci sono addobbi che risalgono all’epoca di Tutancamon e ogni anno compare un pezzo in piú. È come un baule in cui le cose nuove si aggiungono ai vecchi ricordi, ed ogni pezzo racconta un’emozione vissuta.

Penso ai pacchitti regalo da usare come decoro che mia madre, tanto tempo fa, ha fatto con le scatoline delle medicine scadute, e a tutto il tempo che lei ha impiegato per impacchettarle alla perfezione.
Penso a quella specie di cerbiatto rosa/fucsia che ha deve avere piú anni di me e che ancora campeggia sul nostro albero.
Penso a quella macchinina decappottabile in rame con le pigne dentro, e a quella palla ovale bordata di velluto, “con cui giocavano i bambini alla corte della regina Vittoria”.
Penso alle luci a forma di Calimero, fulminate e conservate per anni.
... Poi sono arrivate le stelline dorate.

Mia madre è sempre stata l’architetto e il manovale, e ha sempre fatto l’albero ripetendo un rito sacro che si rinnova nel tempo.

Da un pó di anni abbiamo un abete finto che peró sembra vero... meraviglioso.
Con tutti quei cazzo di ramoni e rametti da aprire tutte le sante volte.
L’apertura dei rami non ce la siamo mai scampata, almeno quando noi, figli emigrati, eravamo nei paraggi.
Ma tanti tanti anni fa, nella notte dei tempi, andavamo nei boschi a prendere i ginepri.
Mai scorderó la felicità di quando tutti insieme partivamo per la missione “cerca il ginepro con la forma piú bella”. Era cosí entusiasmante, soprattutto per noi, bambini. Giravamo e giravamo tra le monrtagne finché il “nostro albero” non compariva e mamma e papá, come provetti boscaioli, lo buttavano giú e lo caricavano in macchina.
Quanti aghi per terra a gennaio.
Ma soprattutto quante volte noi piccoli abbiamo rischiato di lasciarci un occhio, quando tutti e tre (Matteo ancora non era nato), giocando, ci andavamo a sbattere contro.

Poi è arrivato l’abete vero....ottanta quintali di morbidezza.
Lo lasciavamo per tutto l’anno in giardino, nel suo immenso vaso di “cemento” bianco, e l’8 dicembre lo portavamo in casa per addobbarlo.
Ogni volta mia madre rischiava l’ernia per trascinarlo dentro; senza contare l’operazione “gira il vaso”, per ruotare l’albero fino a che non trovavamo il suo “profilo migliore”.

Fino a che non c’è stata la svolta ecologista dell’abete finto, che pur avendo quei rami “cosí” ha risolto tutti i nostri problemi di aghi a terra e soprattutto di “incolumità oculare”!

Il nostro albero è sempre stato in un angolo specifico della casa, lí dove un tempo c’era la kenzia, che ad ogni Natale era un casino perché non sapevamo mai dove parcheggiarla.
Lí all’ingresso, dove c’è la finestra. Mio fretello dice che sembra di entrere allo Space di Ibiza, “ma senza buttafuori”.
Tutte le persone che passano in strada possono ammirare l’abero piú bello del mondo; ma sempre come dice mio fratello “non hanno il permesso di entrare allo Space di Ibiza senza buttafuori”.

L’albero è sempre lí, che aspetta noi emigrati.
E ci accoglie a casa.
Finalmente.