venerdì 27 febbraio 2009

Il bue che dice cornuto all'asino


Notizia: “Uno svizzero su due ha paura degli stranieri”

Ho capito bene?

La Svizzera ha una popolazione che per il 22% circa è composta da immigrati legalmente residenti.
È una nazione (in realtà non so nemmeno se definirla tale) costruita da mani straniere, arricchitasi grazie al lavoro degli stranieri.
Ed ora che mi vengono a dire? Che hanno paura di noi?

I cantoni piú ricchi sono quelli verso i confini: lí il contributo degli immigrati, e dei cosiddetti frontalieri, è il maggiore.
La loro banche sono pozzi senza fondo dove i ricchi “immigrati”, o meglio gli “scappati”, depositano i loro tesori, anche di dubbia provenienza. Se non fossero dubbi, non verrebbero mica a nasconderli qui.
Ma quegli stranieri lí, sí che sono amati, sí che sono protetti.

E mio nonno, che è venuto a lavorare come un asino nelle vostre cave?
E tutti i nostri nonni o i nostri padri, ammassati come le bestie dentro capanne sotto la neve, che si sono spaccati le ossa per costruire strade e gallerie sotto le vostre belle montagne?
Ed i miei conterranei, che tutti gli anni vengono a pulire le vostre centrali nucleari e a prendersi un pó di radiazioni ... che non si sa mai che la storia dell’uomo ragno sia vera.
E tutti gli altri immigrati che vi servono nei ristoranti e che vi tengono le strade pulite, cosicché possiate sempre dire: “Ah, la Svizzera, che paese pulito e preciso!”
Ed io? Io che con un contratto di stage per un’organizzazione internazionale non posso nemmeno affitarmi una casa, ma al massimo un misero posto letto che mi fate pagare con il sangue. Non sono nemmeno degna di aprire un conto in banca, non li volete i miei quattro spiccioli onesti.
No, voi avete paura di noi, ed avete anche il coraggio di metterlo in prima pagina sul giornale!

La Svizzera è un paese escludente, costruito sulle spalle degli esclusi.
Gli svizzeri sono gente di merda, con le tasche piene e l’anima vuota.
Se non fosse stato per gli stranieri la Svizzera non sarebbe niente.
Se non fosse stato per gli stranieri gli svizzeri sarebbero rimasti dei montanari e dei pecorai.
E forse tuttora lo sono!

lunedì 23 febbraio 2009

Il vagabondo

Ero alla finestra, mentre sistemavo con cura i tulipani nel vaso di vetro, al centro del davanzale. Da dietro le tende rosse ho visto un vagabondo, con un pesante bagaglio sulle spalle, aprire il cancelletto del giardino e affondare gli scarponi nella spessa neve del vialetto del mio hotel. Mi sono diretta alla porta per accoglierlo. Vedendomi si è stupito; mi ha chiesto se fossi una strega, di quelle che sentono l’odore degli stranieri da lontano. Ho sorriso. L’ho fatto entrare e l’ho accompagnato sul divano di fronte al camino.
Era visibilmente stanco e infreddolito. Gli ho tolto le scarpe e ho appoggiato i suoi piedi su un grande cuscino, cosí che il calore del fuoco potesse scaldarli.
L’ho lasciato qualche minuto per andare a prendere una bottiglia di vino in cantina.
Quando sono tornata era alla finestra ad ammirare il manto bianco che copriva tutta la campagna.
“Hai una stanza libera per qualche notte?”
“Ho stanze libere per tutto il tempo che vuoi. Nessuno abbandona questo hotel prima del tempo necessario.”
Non ha risposto e, con una smorfia compiaciuta, ha preso il bicchiere di vino che gli stavo porgendo.
Abbiamo parlato a lungo, fino a che non si è addormentato sul divano.
È stato un lungo ed interessante soggiorno il suo.
Siamo rimasti entrambi soddisfatti.
Quando è andato via mi ha avvolto la sua sciarpa attorno al collo. Protezione e conforto.
Quando è andato via, gli ho asciugato le lacrime con un fazzoletto di lino, su cui avevo ricamato un mazzo di tulipani.
L’ha preso, stringendolo forte in un pugno, e l’ha portato via con sé.
Non ritornerà.

venerdì 20 febbraio 2009

Mamma mia che paura!

Oggi ho ricevuto la seguante e-mail:

"Non ti smentisci mai, vuoi essere sempre superiore a tutti. Pensi di essere superiore a me? Cara la mia ... devi capire ancora tante cose di come sono fatte le persone e forse cercare di essere diversa. Non hai capito proprio nulla. Io non ho problemi con te e nemmeno con il fatto che tu stia con lui. Ti ripeto, è capitato più di una volta che ci siamo trovate nello stesso posto e non è stato bello. Ma questo non mi sconvolge la vita. I rapporti tra di noi non sono così felici. Anzi direi che non ce ne sono. Ma forse è giusto così! Non siamo mai state molto amiche a parte tanti tanti anni fa. Però credo che ora la cosa sia andata anche oltre. Il tuo modo di fare nei miei confronti non mi piace, mi metti in soggezione.
Sai, se tante persone la pensano come me forse è perchè tu fai questa impressione.
Ti auguro tante belle cose.
ciao ..."

Beh, che dire?
La ragazza mi sembra un tantino frustrata e in difficoltà.
Peró è buffa. Mi ha fatto molto ridere.
Non trovate che sia divertente?

NB: Ho dovuto correggere qualche "errorino"... e non perché io sia superiore, ma perché l'italiano è l'italiano!!

... beh forse ... un pochino superiore!!!

martedì 17 febbraio 2009

Ahi dura terra perché non ti apristi?

Oggi volevo parlare della mia esperienza da “profuga” nella simulazione che la mia organizzazione ha preparato la settimana scorsa, ma gli eventi si sono rincorsi e ora mi ritrovo in un baratro emotivo.

Nella vita capita spesso di subire ingiustizie. C’è sempre qualcuno pronto a metterti i bastoni fra le ruote. Mi è già successo e ne sono uscita indenne.
Poche volte, peró, mi sono imbattuta in persone che, forti della loro posizione sovraordinata, hanno preso a torturarmi psicologicamente per distruggere la fiducia che ripongo in me stessa e nelle mie potenzialità.
Da un minuto all’altro mi sono ritrovata in preda al panico e a quella devastante sensazione di debolezza fisica che sono solita provare nei momenti di piú grande difficoltà.
Sono stata sull’orlo dello svenimento.
Ma non ho pianto. Certo non "in pubblico".
Ho pianto da sola, in silenzio, rinchiusa nel bagno, pensando alla via piú facile per fuggire, abbandonare tutto e ritirarmi sulla cima di una montagna, in una masseria isolata. Sola con me stessa.
Non sono scappata, peró, e non scapperó. Porteró a termine il mio lavoro con dignità e lo faró al meglio, come ho sempre fatto.
Sono pronta a farmi uccidere. Apriró anche le braccia.
E dopo morta saró pronta per rinascere dalle mie ceneri. Da qualche altra parte, con qualcunaltro, in un altro tempo.
Ma che lo tenga bene a mente: chi non ha niente da perdere non ha neanche niente da regalare.
Amen.

martedì 10 febbraio 2009

Patate


Ho raccolto patate.
Ho affondato le mani nella terra. Inginocchiata, ho scavato con vigore, mentre le zolle secche si frantumavano e scivolavano tra le mie dita.
Mi sono sporcata le gambe e la faccia.
Ho riempito il paniere e, con un fiore tra i capelli, sono tornata a casa.


Lui era sulla porta ad attendermi. Ha respirato il mio odore di erba e terra.
Mi ha stretto i fianchi, e mi ha amato.
Il paniere si è rovesciato e noi, distesi tra le patate, abbiamo celebrato la natura.

venerdì 6 febbraio 2009

È arrivata la pioggia. Inaspettatamente.
La nebbia è calata sulla città e la neve ha iniziato a sciogliersi.
Con essa il mio buon umore.
E non è per il tempo grigio o per l’aria fredda. Ma perché è venerdí, e come tutti i venerdí mi incupisco e mi imbroncio.
Il malumore accompagna i miei fine settimana.
Forse è solo un effetto della stanchezza accumulata e dello stress.
Forse è la mia intricata essenza. Intricata e complessa. Percezioni multiple che mi fanno vivere al contrario.
Cosí non sono mai al passo, mai coordinata con il mondo che mi circonda.
Diversa e disadattata.
Camminando nella pioggia.

mercoledì 4 febbraio 2009

Risvegli

(Ginevra e i suoi tetti)

Un buon risveglio è nell’odore del pane caldo e dei croissant appena sfornati. È nell’aria fredda e pulita emanata dal cielo terso.
Un buon risveglio sono le vette innevate che ti circondano come in un abbraccio. È il timido sole che riflette su di esse. È nei tetti degli antichi palazzi, che respirano attraverso i loro comignoli fumanti.
È una tazzona di caffè caldo tenuta tra le mani.
Un buon risveglio è il pensiero della vita, e di tutte quelle anime vaganti che la popolano.


Buon risveglio a tutti noi, bruchi pronti a trasformarci in farfalle.

lunedì 2 febbraio 2009

Un due tre ... Hotel

Dopo un mese e mezzo di assenza, finalmente ritorno nel mio piccolo hotel.
In questi giorni di chiusura apparente, mi sono rintanata in un mondo fatto solo di silenzio, buon vino, e qualche intimo amico.
Lontana da tutto. Lontana da internet e cellulare. In un mondo che va piano e che lascia scorrere la vita senza scandirla.
Senza tempo né fretta.

Io e le mille altre me hanno vissuto senza limiti né pudore.
Ho goduto e fatto godere.
Il freddo, la guerra, la fame: nulla di ció è esistito.
Esitevo io, le mie voglie, i miei desideri e il mio amore.
Ho dato e ho preso. Mi sono riempita.
Fino a che i bordi del mio vaso non hanno iniziato a gocciolare.

Ora sono pronta a riprendere il mio viaggio. Sono pronta a far ripartire l’orologio. Pronta a rifare le camere di questi albergo, per i vagabondi bisognosi di un letto su cui far riposare le loro ossa, o di un focolare che li ritempri, in compagnia di qualcuno che offra loro del vino rosso.

Un, due, tre ... Hotel.