giovedì 13 novembre 2008

Le Palais des Nations

Ogni giorno mi riprometto di dedicare quelche minuto al blog, ma poi, per un motivo o per un altro, mi ritrovo a rimadare.
In realtà sto lavorando molto e la sera finisco sempre cosí tardi che la voglia di rimanere in ufficio per scrivere un bel post non mi viene proprio.
Oggi peró sono le cinque e mezza e stranamente ho finito le cose importanti da fare.
Posso scrivere. Solo un pó, ma posso.

Avrei tante di quelle cose da raccontare che dovrei rimanere seduta qui per almeno due ore, se mi mettessi a raccontare tutte le cose che ho vissuto in questi giorni.

La cosa piú importante che mi sia successa nell’ultima settimana, peró, oltre al fatto di essermi trasferita nel nuovo appartamento, è che l’altro giorno sono andata finalmente al Palazzo delle Nazioni Unite.
Quello che si vede sempre in televisione con il viale pieno di bandiere; quello dove fanno le riunioni tutti i personaggioni che governano il mondo; insomma quello.
Quando l’ho raccontato, tutti mi hanno detto: “Ah, il Palazzo di Vetro!”.
Beh, no, quello sta a New York, che non è proprio dietro l’angolo.
Quello di Ginevra si chiama Palais des Nations (fantasiosi!) ed io ci sono andata per fare delle ricerche nella loro super-mega-biblioteca.
Ma andiamo per ordine.

Io, il Palais des Nation, l’avevo visto solo in TV, avevo studiato all’università la miriade di vertici storici che si erano tenuti nelle sue stanze. E l’ho sempre sognato.
Da quando lavoro qui , poi, l’ho visto tutte le mattine dai finestrini del mio autobus, che transita proprio lí davanti.
Solo che, peró, non è che lo vedessi proprio benissimo, visti gli alberi e quelle cazzo di bandiere davanti.

Comunque.
Era finalmente arrivato il giorno della conquista: sarei entrata nel Palais des Nations con il mio fighissimo badge e tutti mi avrebbero sorriso e trattato come una di loro.

Scesa dal’autobus, mi sentivo proprio emozionata: il cuore mi pulsava forte e sentivo tutti i nervi tesi.
Mentre mi avvicinavo fissavo con soddisfazione il cancello che mi avrebbe fatto accedere al paradiso.
Una volta lí, dovevo superare solo il controllo della sicurezza. Ho sfoderato il mio fighissimo badge, ho sorriso e sono entrata.
Che emozione, mi sentivo una bambina in gita!

Piano piano mi sono incamminata nel viale e devo dire che quelle cazzo di bandiere mi hanno proprio suggestionato: era il mio percorso di iniziazione.
Piú camminavo, piú il Palazzo si mostarva ai miei occhi, immenso e sovrastante.
Fino a che non sono entrata nel grande cortile.

Nella pace e nel silenzio piú assoluto, mi sono guardata bene attorno e ... in realtà 'sto Palazzo non è che mi piacesse poi molto.
La cosa che mi è balzata subito agli occhi è stata lo stile austeramente neoclassico della costruzione che, piú che il Palazzo delle Nazioni Unite, mi sembrava un monumento fa(s)cista!
Cosí, è iniziata a montare in me un pó di delusione. Quello stile architettonico non mi faceva (non mi fa) per niente impazzire.

Ma il mio scopo era un altro: espugnare la biblioteca, su cui tutti mi avevano raccontato meraviglie.
Dopo varie peripezie, tra cui anche una mezza litigata con una guardia (della serie: riesco a litigare con tutti, persino al Palais des Nations!!), riesco finalmete a trovare la biblioteca.
Devo dire: uno spettacolo, specialmente le tantissime sale di lettura che si affacciano sul meraviglioso parco che circonda il Palazzo; parco che, a sua volta, si appoggia sul bellissimo lago Léman.
Era una giornata soleggiata e lo sceniario che si spalancava al di là delle immense finestre della biblioteca era incantato.
Mi sono goduta questa bella sensazione di pienezza e appagatezza e ho continuato a cercare i documenti di cui avevo bisogno.

Diciamo che in realtà questa appagatezza era comunque disturbata dal quintale e mezzo di roba che avevo in braccio: cappotto, sciarpa, cappello, borsa, tre bloc-notes, un borsello con le penne, una trentina di fogli sparsi su cui avevo appuntato i libri e le riviste che cercavo, libri e riviste che avevo preso, fotocopie di libri e riviste che avevo consultato...
Sembravo un “ciuccio da fatica”. Ovunque e comunque mi muovessi facevo rumore, mi cadeva qualcosa o inciampavo da qualche parte.
Niente peró a confronto della tragedia che mi si stava preparando.

Mentre ero pesantemente intenta a consultare dei libri da uno scaffale, arriva, inaspettato, un incredibile, un diabolico, un paralizzante e, aggiungerei, terrorizzante mal di pancia.
Non riuscivo piú a muovermi, non riuscivo piú a pensare, ero totalmente bloccata dal dolore.

Era un attacco di DIARREA ACUTA!!!!!!!!!!!!!
(E pensare che io sono pure stitica!!)

Comunque, ho iniziato a temere per la mia dignità e per la mia vita.
Sudavo a freddo e sentivo che se non mi fossi mossa subito avrei potuto licenziarmi, ma non dal lavoro ... ma dalla mia esistenza!
Con tutta quella cavolo di roba in mano tentavo di muovermi il piú velocemente possibile per cercare un santissimo bagno. Ma piú volevo andare svelta piú sembravo un elefante con gli spasmi!
Una tragedia.
Alla fine non so come (non ero piú molto lucida) sono riuscita a trovare il bagno e ... il resto è storia.

Vorrei solo aggiugere che sono rimasta chiusa lí per un’oretta, troppa era la vergogna che provavo. E per inciso il bagno era al piano terra con le finestre spalancate sul parco, e ho detto tutto.

Che dire di piú. La prima cosa che ho pensato appena uscita?
IL PALAZZO DELLE NAZIONI UNITE FA CAGARE!!!

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