lunedì 23 febbraio 2009

Il vagabondo

Ero alla finestra, mentre sistemavo con cura i tulipani nel vaso di vetro, al centro del davanzale. Da dietro le tende rosse ho visto un vagabondo, con un pesante bagaglio sulle spalle, aprire il cancelletto del giardino e affondare gli scarponi nella spessa neve del vialetto del mio hotel. Mi sono diretta alla porta per accoglierlo. Vedendomi si è stupito; mi ha chiesto se fossi una strega, di quelle che sentono l’odore degli stranieri da lontano. Ho sorriso. L’ho fatto entrare e l’ho accompagnato sul divano di fronte al camino.
Era visibilmente stanco e infreddolito. Gli ho tolto le scarpe e ho appoggiato i suoi piedi su un grande cuscino, cosí che il calore del fuoco potesse scaldarli.
L’ho lasciato qualche minuto per andare a prendere una bottiglia di vino in cantina.
Quando sono tornata era alla finestra ad ammirare il manto bianco che copriva tutta la campagna.
“Hai una stanza libera per qualche notte?”
“Ho stanze libere per tutto il tempo che vuoi. Nessuno abbandona questo hotel prima del tempo necessario.”
Non ha risposto e, con una smorfia compiaciuta, ha preso il bicchiere di vino che gli stavo porgendo.
Abbiamo parlato a lungo, fino a che non si è addormentato sul divano.
È stato un lungo ed interessante soggiorno il suo.
Siamo rimasti entrambi soddisfatti.
Quando è andato via mi ha avvolto la sua sciarpa attorno al collo. Protezione e conforto.
Quando è andato via, gli ho asciugato le lacrime con un fazzoletto di lino, su cui avevo ricamato un mazzo di tulipani.
L’ha preso, stringendolo forte in un pugno, e l’ha portato via con sé.
Non ritornerà.

2 commenti:

  1. Ora so dove andare quando mia moglie si chiude in casa con i catenacci, si addormenta sul divano e non mi apre...

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  2. Tornerò ogni volta che tu lo vorrai.
    Ogni volta che non sentirò più il tuo respiro come fanno i genitori svegliandosi e vegliando i propri piccoli nel cuore della notte.
    L'hotel respira vita

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